da Gallinacciainfuga | Ott 16, 2014 | Fuga, Shopping
Ci avrete fatto caso anche voi, il mercato sembra orientato sull’oggetto personalizzato, su misura. Anche per un piccolo acquisto di bigiotteria si preferisce il pezzo unico. Naturalmente è solo un’impressione, se decidete ad esempio di farvi una collana con le vostre sante manine, qui a Parigi andrete da Matière Première e così sceglierete catena, pietra o ciondolo e potrete fare voi il vostro bracciale, scegliendo tra un ‘infinità di pezzi, anche carini, provenienti a occhio e croce, da una produzione cinese che ha previsto ogni vostro desiderio. Nulla di male, voi avrete l’impressione di decidere che bijou indossare, passerete una quarto d’ora a bestemmiare o a divertirvi (dipende dal vostro carattere e dalla vostra abilità), spenderete molto di più che se acquistaste l’oggetto già pronto ma avrete la certezza che nessun’ altro ha il vostro gioiello. Cosa esattamente appaghi in questo giochino a me francamente sfugge, forse aiuta a sentirsi tutti creativi e direttori artistici, forse l’espressione artistica o qualcosa di simile, è la vera aspirazione di chiunque. Forse, non lo so.
Se invece non avete voglia di comprare colla e pinze e di bestemmiare, c’è un’alternativa altrettanto creativa, che vi darà la sensazione di creare il vostro bijou, sceglierete i materiali e poi una graziosa signorina ve li assemblerà. Il tutto recandovi da BHV. Ve la caverete con pochi euro, vi sentirete un/una grande designer di gioielli, se è una giornata buona anche il direttore di produzione di una società che commercializza gioielli di alta classe, lascerete il banco di Julie la Fée a BHV con il sorriso e un paio di pezzi di stoffa e plastica al polso e poi potrete correre felici in Place Vendôme. Almeno avrete i laccetti di Julie al polso e non le buste di Zara, come tutti gli altri.
Julie la Fée chez BHV rue de Rivoli 75004 Paris
www.julielafee.com
Matière Première
12 rue De Sévigné, 75004 Paris
www.matierepremiere.fr
da Gallinacciainfuga | Ott 15, 2014 | Fuga, Shopping
In principio fu Marcel Proust a dedicare alla nostalgia un capolavoro insieme universale e intrinsecamente parigino, in anni più recenti (con le dovute differenze, certo) il cinema con Amélie Poulain e il piccolo Nicolas hanno dimostrato quanto cattura il sentimento della nostalgia di un piccolo mondo che non si sa bene dove fu, ma che di certo non c’è più, specie se sceneggiato a Parigi. Catturare fa rima con fatturare. I parigini la nostalgia sanno rappresentarla bene (e sanno farla pagare benissimo). Chapeau. Se vi trovaste dalle parti di Notre Dame de Lorette (metro Notre Dame de Lorette), juste à droite della piccola chiesa, non perdetevi Les Cakes de Bertrand. Si tratta di un negozio che trae ispirazione dal vicino museo de la vie Romantique, un museo minore che vale la pena visitare non fosse altro per il suo giardino in cui è allestita una graziosa, nostalgica e romanticissima, sala da thé. In realtà il museo nasce per allestire lo stile di vita dell’epoca romantica che è un’epoca precisa nell’arte e nella letteratura, ma per quell’equivoco che porta con sé la parola romantico, probabilmente i visitatori arrivano convinti di vedere dipinti di scene erotiche o comunque qualcosa di legato all’amore. Altra voce importantissima del fatturato parigino, per questo probabilmente l’equivoco non viene svelato. Ma siamo partiti dalla visita al negozio di Les cakes de Bertrand. Non si tratta di una pasticceria, vendono borse per lo più, trousses, piccoli gioelli, quaderni, scatole e qualche capo di abbigliamento che ricorda la rappresentazione di Parigi nelle cartoline antiche, quelle ritoccate per intenderci, quelle che avevano le immagini delle signorine a cui veniva aggiunto il rosa sulle gote. Passate da questo negozio la prossima volta che venite a Parigi, vi spiegherà meglio di un trattato sociologico cosa è la rappresentazione della nostalgia; gioco, sentimentalismo e business. Gli oggetti in vendita sono misurati, deliziosi e mai troppo leziosi, anche la torre Eiffel sempre sovraesposta nell’iconografia parigina, sulle pochettes di Les cakes de Bertrand acquisisce, indovinate un po’? Il fascino della nostalgia
. 
Les Cakes de Bertrand 7 Rue Bourdaloue, 75009 Paris
Musée de la vie Romantique 16 Rue Chaptal, 75009 Paris
da Gallinacciainfuga | Ott 14, 2014 | Fuga
Raramente ho incontrato qualcuno che nutre sentimenti tiepidi per Parigi, è una città che muove per se stessa grandi passioni o anima grandi detrattori.
I detrattori di Parigi dicono che è una città rivolta al passato, sicuramente senza scomodare Walter Benjamin è stata capitale di un tempo che forse non esiste più ma in tempi in cui l’unico sentimento che domina è la nostalgia, di una cosa bisogna dare atto a questa città, ha saputo brandizzare se stessa. Parigi è un set in cui tutti possono fare la comparsa nel film come eravamo, come siamo e come voi non sarete mai, ciascuno poi in base alla propria disponibilità economica decide quale spazio ritagliarsi. Se io dovessi fare un ritratto di questa città farei così, una breve ripresa in metropolitana, in un treno affollato, farei entrare una graziosa parigina che si fa largo con un grande sorriso a spintoni e con qualche calcio ben assestato, mentre dice: “Pardon!”.
Sarebbe interessante sapere quanto fattura e a quanta gente dà da vivere il brand PARIS
da Gallinacciainfuga | Set 23, 2014 | Fuga
(…)E’ una giornata afosa, di quelle che a Parigi si contano ma che quando arrivano non hai scampo, non sei attrezzato, io in casa ho un ventilatore, datomi in dotazione dalla padrona di casa, ma per giornate così un ventilatore non basta. Le finestre sono esposte al sole che a Parigi d’estate non tramonta mai e a terra ho la moquette, sul letto il piumino che fino a ieri sembrava plausibile, decido di andare a vedere l’esposizione dedicata a Zaha Hadid all’Istitut du Mond Arabe.
Ho tutto il tempo che voglio quindi prendo un autobus, ma siccome è il mio giorno fortunato trovo l’unico autobus di Parigi senza aria condizionata, così arrivo al Museo sudaticcia e affranta. Come in quelle giornate in cui decidi che devi raddrizzarle e capisci che più ti sforzi più la cospirazione contro di te funzionerà, sono già pentita della mia brillante idea e devo ancora entrare nell’Institut che proprio qaundo non mi aspetto più nulla, si è rivelato subito quasi deserto e soprattutto, fresco. Viva il mondo arabo e viva Zaha HAdid e le sue architetture che sembra vogliano fuggire, per questo, adesso capisco, mi piacciono. Ma devo essermi rinfrancata troppo, perché mi dimentico della temperatura esterna e decido di regalarmi il pranzo nel ristorante dell’ultimo piano ma per la vista che voglio io bisogna mangiare fuori, ma certo mi dico, ma brava la scema mi ridico dopo essermi seduta, sembra di essere a Mumbai in un giorno particolarmente afoso. Non ho il coraggio di alzarmi e di annullare il mio pranzo, così mangio e il sudore mi riga il viso come fossero lacrime, imbarazzante e devastante, spero finisca presto. Guardo svogliatamente la città, la Senna e i ponti, il sesto arrondissement normalmente bello, ma non funziona, ho caldo. E non so dove rifugiarmi una volta fuori da qui. Ci sono tantissimi posti naturalmente dove rifugiarsi, il problema è affrontare il tragitto, credo che resterò per sempre qui, almeno fino a quando la prossima pioggia non porterà un po’ di refrigerio. Ritorno al primo piano, il custode mi riconoscere perché c’è davvero poco movimento, ma lui non lo sa cosa c’è fuori e non capisce. C’è una famiglia di italiani che naturalmente urla. Oppure no, non urla, è solo che abbiamo sempre la sensazione che gli italiani all’estero urlino perché cogliamo prima i loro suoni. Oppure no, urlano. Non lo so.
Vorrei mettermi nell’angolo più buio e nascosto della sala della collezione permanente e non muovermi più, vorrei che i custodi si abituassero a me come se fossi uno dei loro pezzi da spolverare con cura. Qui mi piace, non c’è molto movimento, credo che starei bene.
Dovrei solo diventare pietra, sasso come nelle maledizioni mitologiche, che poi maledizioni non erano, ma la risposta umana agli affanni; Toh sei di sale, così impari a voltarti. Ma infatti si era voltata perché proprio non ci teneva a guardare avanti, proprio non ci arrivi, eh? (…)
da Gallinacciainfuga | Set 10, 2014 | Fuga
Perché sono (siamo?) attratta dalla fuga non so dirlo esattamente, ma so che a me andare, vagare, mi rincuora.
La prima ragione è che vagabondare distrae, fa pensare meno a se stessi e rende affascinanti anche persone che non sarebbero affascinanti, solo perché, probabilmente, smettono di pensare a loro stesse.
Cosa sia esattamente una fuga mi sfugge altrettanto, è come un dislivello, un cambio di immagine, di registro, è il cambiamento. Ecco cosa è, ora lo focalizzo meglio. Quello a cui naturalmente sfuggiamo ma al quale aspiriamo con una bella lista di atti mancati, evidentemente, perché fuggiamo sempre dalla nostra sorte, con il cavallo del re come nella leggenda della morte a Samarcanda, ma poi succede che andiamo veloci proprio lì dove eravamo attesi e la fuga non era che il nostro destino. Siamo attratti dalla strada che è segnata per noi, andiamo dove dobbiamo andare, l’illusione è la fuga. La fuga ci regala l’illusione della ribellione, ma a spingere, allontanare, rincorrere, siamo sempre noi. E gli atti mancati sono i più riusciti. Tutto questo ha a che fare con il tentativo di sfuggire alla morte, per questo Samarcanda si raggiunge correndo. Naturalmente ce ne accorgiamo alla fine della corsa, quando poi decidiamo di iniziarne un’altra, assolutamente convinti di essere liberi di andare dove vogliamo. La fuga è un pretesto, andiamo sempre dove siamo attesi, lo dicono, oltre alla leggenda della morte a Samarcanda, molti libri sacri e non, ma senza scomodare dotti-medici-e-sapienti, tutti facciamo l’esperienza della fuga per ritrovarci dove esattamente non volevamo o forse, dove eravamo convinti di non voler essere. Viva la fuga, in ogni caso.
Commenti recenti