Nelle ultime pagine de La Via dei Tarocchi, Alejandro Jodorowsky con noncuranza dice un paio di cosette che ha tralasciato di dire per appena le 550 pagine precedenti. Che non si può predire il futuro (ma un sospetto ce l’avevo) e che le carte non mentono; così capisco che è il paradosso che tiene insieme tutto, aggiunge che ciò che più amiamo è ciò in cui crediamo; è molto suggestiva come affermazione ma non riesco ancora a centrarla del tutto, non sono sicura di credere esattamente in ciò che più amo, ma potrebbe essere una buona indicazione, un suggerimento, aggiunge poi che il tarologo non deve fare promesse e che il nostro consultante, quello di ciascuno di noi, è la morte.
Ci penso spesso in questo giorni a quelle parole, ci penso come tutti alla morte, credo, cerco di capire cosa voglia dire esattamente che il nostro consultante è la morte.
Che il vero arcano è la vita e che solo la morte lo scioglierà? Chi ci lascia, come ieri David Bowie, ha sciolto l’arcano della vita nella morte e ora sa dove era diretto o forse no, perché può accadere che l’arcano si sciolga nel nulla e perdiamo anche la consapevolezza di essere nel nulla e così sia.
Il nostro consultante è la morte. Ogni giorno ci chiede conto della direzione, ci tiene tonici e allerta.
E’ affascinante, come se la nostra vita fosse una combinazione di arcani e a chiederci cosa vogliano dire, cosa sono e rappresentano, fosse proprio ciò da cui sfuggiamo e che inesorabilmente e pazientemente (si spera) ci attende.
Il nostro consultante è la morte perché solo quando potremo sciogliere l’arcano dell’essere in vita, la morte non sarà più l’arcano. Ma non lo è neppure quando siamo vivi in effetti, ha ragione Jodorosky, la morte è il nostro consultante.
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