Sono andata in profumeria per concludere la liturgia natalizia dei regali, ci sono andata ieri mattina piuttosto presto e ancora non c’era nessuno, volevo comprare una matita per gli occhi per me e poi un regalo, sul quale avevo idee vaghe. Mentre storcevo il naso perché i profumi sentiti fino a quel momento non mi erano piaciuti, solo due comunque, ho notato che la commessa era infastidita ma poi è arrivata una signora che prima di entrare e di dire buongiorno l’ha sgridata perché non era ancora arrivato il mascara e la matita marrone di Dior che aveva ordinato. La commessa, forse neppure una commessa, una promoter di Dior, quindi a sua volta ospite della profumeria, ha detto un po’ imbarazzata che la merce era appena arrivata. Ma come, ha proseguito la signora, mi dovevi chiamare, perché non mi hai chiamata? Erano le nove e mezza e se la merce era arrivata quella mattina, si capiva pure il perché. Comunque la signora, non soddisfatta, ha pure aggiunto: io ora ho fretta, ripasso poi. Doveva essere avvisata, il mascara e la matita dovevano arrivare prima, ma lei aveva fretta, era passata solo per rimproverarla, immagino.
Così mi sono vista, mentre sentivo il profumo che non mi convinceva, pur essendo il profumo che io le avevo chiesto di sentire. Ho capito la sua insofferenza profondamente, perché in effetti ero io ad avere dei dubbi su quel regalo e ho trasferito su di lei la mia insofferenza. Perché è il regalo di Natale che faccio a chi ogni anno mi dice che non vuole regali e infatti quasi sempre fa finta di dimenticarli in fondo al cassetto prima di ripartire, ma finisce che glielo faccio lo stesso, anche se so come va a finire e capisco pure che se poi, dopo avermi detto di non volere nulla, lo dimentica, il problema sono io che insisto.
Quindi mentre ritrovavo il buon umore perché in fondo non ero la più antipatica in negozio, ho rivisto il cappellino prezioso appeso sul suo stendino di Londra dopo la lavatrice e definitivamente estinto due giorni dopo il Natale, (dopo che lo avevo amorevolmente accudito per circa 4000 km tra andate e ritorni dal luogo di acquisto a quello di consegna e per circa due mesi) ho rivisto la meravigliosa pashmina di vero pelo di capra del Cashmere che a comprarla ora meglio un Cartier, infeltrita e stremata sul solito stendino, un calendario gemello con il mio che immaginavo avremmo staccato entrambi giorno per giorno di cui nella sua casa non c’era traccia, ma pure una borsa strepitosa che quando scartò, guardò sconfortato. Sia molto chiaro, è lui che non capisce i miei regali e insomma, cara commessa promoter di Dior, non sei tu, sono io, anzi, è lui, che mi rovina la liturgia natalizia dei regali, scusami se ti ho infastidita, è che io ho il mio personalissimo Scrooge, lo stesso bambino che alla mia domanda: ti piace l’albero? Rispondeva anno dopo anno: NO. Che mi guardava un po’ infastidito quando tornavo a casa con le buste dello shopping natalizio. Ma posso rovinare le tradizioni natalizie proprio ora? Prenderò un regalo per il quale mi ringrazierà perché almeno tenta di non spezzarmi il cuore, e che poi forse dimenticherà spezzandomi il cuore. Ma saremo contenti di non aver rovinato le nostre tradizioni anche quest’anno, di aver trovato il modo perché continui a dirmi: no, l’albero non mi piace (t piasc o presep?).
Però, il senso del post era una altro: non maltrattate le commesse se non siete convinte dei vostri regali o delle reazioni dei vostri figli ai vostri regali.
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