(…) La giornata cominciava alle 7 con la lezione di Yoga, bene direte, di solito negli ashram lo yoga si pratica alle 5.30, ma noi non eravamo in un ashram infatti, e il problema non era neppure cominciare alle 7, ma considerando che il mio cervello ci mette almeno 15 giorni a raggiungere il corpo, quella lezione di yoga per me era come farla nel bel mezzo della notte, ammetto, almeno per i primissimi giorni, di averne ricordi vaghi, la voce del maestro che ripeteva: breathe ooouuuuttttt, breathe iiiiiiiiiiiinnnnnn, la voce dolce e suadente, bellissima e dolce. Così dolce da conciliare il sonno. Il problema per me era la meditazione con cui cominciavano la pratica, prima del saluto al sole e del pranayama (gli esercizi di respirazione), prima di ogni cosa, per me che ero in uno stato di profonda incoscienza, la difficoltà non era meditare, magari, ma restare seduta e dritta e con le mani in chin mudra mentre il mio corpo e (sia pure con un po’ di ritardo) il cervello, voleva stendersi sul tappetino su un fianco e dormire, dormire, coccolato da quel breaaaathe iiinnnnn – breaeeeethe ouuuutttttt. Quando cominciavo a fare il saluto al sole mi svegliavo, un po’, poi con gli esercizi di respirazione finalmente aprivo tutti e due gli occhi e così arrivavo sveglia al tavolo della colazione.
La giornata in genere proseguiva con il corso di ayurveda tenuto da un’insegnate gentile e paziente, la pausa delle 13 era quella del pranzo, l’insegnate spesso pranzava con noi, generalmente si cominciava con una bevanda calda, rosa che non ho capito cosa contenesse, anche se ho provato a farlo, diciamo che sono andata via da lì senza scoprirlo o da un infuso di cumino, naturalmente sempre molto caldo. Inutile dire che alcolici durante il soggiorno non ne ho visti, anzi quando un giorno durante una passeggiata nella città vicina abbiamo letto su un’insegna Beer and Spirits io e Rosanna abbiamo sorriso come prima dell’illuminazione (suppongo) ma era solo un’insegna, il locale era chiuso e abbiamo proseguito meste. (…)
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