2) La Defne di Omer
(Non ho fame, voglio solo bere qualcosa di caldo vicino a te, Defne a Omer).
Di fronte alla casa di Omer e Elif, che però ora non vivono più a Istanbul, abita Defne, la Defne di Omer.
A vedere entrambe le serie, sembrerebbe così, evidentemente le case di produzione scelgono le stesse location, e chi le vede entrambe; Kara Para Ask e Kirali Ask, non può fare a meno di notarlo e di pensare che non si sono incontrati per un soffio.
Anche se in effetti non sono poi tanto sicura che si sarebbero piaciuti.
A me invece piacciono entrambi, anche se le mie amiche (poche, solo due) appassionate di serie turche, non riescono a capire come ho fatto a vedere Kirali Ask, io non solo l’ho vista, ma anche rivista e in qualche parte della mia mente c’è la certezza che Omer e Defne vivano da qualche parte per sempre felici contenti.
Per saldare un debito di suo fratello, Defne accetta la proposta della zia di Omer, diventare la sua assistente e sposarlo, il matrimonio dovrà finire subito dopo perché si tratta di una transazione economica che consentirà alla famiglia di godere dell’eredità del nonno. La nostra Defne accetta per necessità, con riluttanza ma accetta, sacrifica sé stessa per la famiglia. Le eroine delle serie turche devono essere altruiste fino all’autolesionismo, disposte a tutto per la famiglia e belle, la bellezza di Defne è superlativa, la sua pelle è bianchissima, i lunghi capelli rossi, gli occhi grandi e scuri, esile, così delicata che sembra disegnata. Elcin Sangu è la mia Defne, la mia e di Omer.
Lui è Baris Arduc, bellone così bello che appena lo vedi dici: va bene, non saprà recitare, per forza.
Ma il mistero delle serie turche è anche questo, tirano fuori attori belli e bravi come se piovesse.
Poi possiamo discutere sulla qualità delle sceneggiature, su quanto la tirano per le lunghe, sulla scrittura rigida di alcuni personaggi, sempre troppo buoni o troppo cattivi, su quanto sono melense o truculente ma sulla bravura degli attori, non c’è niente da discutere.
Cefalonia è stata distrutta da un terremoto negli anni ’50, guardo le riproduzioni delle foto di prima del terremoto nei negozi di souvenir ad Argostoli per vedere come era Argostoli prima di diventare questa Argostoli.
Esclusa Corfù, le isole ionie hanno perso gran parte dei loro edifici storici e da quello che raccontano i suoi abitanti, continuano a traballare.
Così vivo su quest’isola pensando che le rocce sottomarine potrebbero sgretolarsi da un momento all’altro e non mi fa alcuna paura, durante il giorno.
Isola, tu sai perché sono qui mentre cerco la mia casa?
Perché la tua casa non è mai dove credevi fosse, è un luogo remoto e immaginario, come un’Isola.
Com’è vivere circondati dal mare su un cumulo di rocce che potrebbero sprofondare da un momento all’altro, isola?
Perché, esistono posti che non si sgretolano da un momento all’altro? No, isola, hai ragione tu, non esistono e neppure vite se è per questo. Il profumo di limoni e di gelsomini, non è casa, Isola?
Non lo so, dimmelo tu.
Defne è stata abbandonata dai genitori, insieme a suo fratello e a sua sorella, di loro si prende cura l’amatissima nonna, Defne ha una casa, una famiglia e degli amici, vive in un quartiere popolare di Istanbul e ama riamata le persone che la circondano.
Non sappiamo quanti anni ha Defne, sappiamo che è giovane e gli sceneggiatori non le concedono un fidanzato prima dell’incontro con Omer, o meglio, glielo concedono, ma più un fidanzatino di quando era ancora bambina, che si capisca insomma, che Omer è il primo uomo davanti al quale Defne si spoglia.
Il sesso è bandito nelle serie turche e comunque anche quando se ne fa un timido riferimento, ogni allusione ha le sue regole. E parliamo di serie girate prima dell’avvento di Erdogan, adesso è ancora più complicato. Tra Defne e Omer il riferimento al sesso c’è, addirittura convivono prima di sposarsi, ma la forza del loro amore, è garanzia di specchiata moralità, soprattutto di Defne, perché a Omer in quanto maschio, sono concesse avventure precedenti al loro incontro, naturalmente.
Le serie vanno viste come se fossero un racconto mitologico dalla sceneggiatura rigida e stilizzata, io almeno le vedo così, perché occasioni di inverosimiglianza, anche per la Turchia, ne offrono tante, inverosimiglianza e pure di involontaria comicità.
L’attaccamento di Defne a Omer è quello che si potrebbe definire una dipendenza affettiva, con tutti i sintomi dell’autodistruzione, ma io non sono una psicoterapeuta e dubito fortemente che i cosiddetti grandi amori non siano altro che forme patologiche di attaccamento e poi non importa, il racconto stilizzato mi assicura il lieto fine.
Non è la consolazione che cerchiamo nelle storie degli altri?
Chi potrà mai consolarmi da questo buio?
Defne e Omer.
La prima serie, lunghissima e in alcuni momenti davvero estenuante, vede la nostra Defne scapicollarsi per lavorare senza averne i titoli, le ragazze del popolo, le protagoniste insomma, non hanno quasi mai i titoli, solo una volontà di ferro che le porta in poco tempo a raggiungere vette.
Nel caso di Defne, anche un talento artistico che Omer scoprirà e valorizzerà. Un po’ Cenerentola, un po’ Pigmalione.
La seconda serie è da contorcimento, per me, che li amo.
Defne decide di confessare di essere stata pagata dalla zia di Omer per farlo innamorare, sposarlo e poi lasciarlo, glielo dice proprio un attimo prima di sedersi al tavolo del matrimonio, quello in cui nelle serie turche ci si scambia le promesse. La prima serie si conclude con la confessione, tralasciamo il fatto che era il momento meno opportuno, per chiunque e per qualunque sceneggiatura, ma Istanbul è una città piena anche di masochisti, pare.
La seconda serie si riapre con un salto temporale di un anno; così scopriamo che Defne è stata lasciata da Omer, che Omer si è trasferito a Roma, che Defne ha rischiato di morire per il dolore ma che è di nuovo in piedi, lavora e ha una nuova vita, tutto potrebbe proseguire così, ma ecco che Omer decide di tornare a Istanbul e naturalmente per circostanze che mi vergogno anche di raccontare, riapre la sua azienda esattamente un piano sopra a quella in cui lavora Defne.
Il piano di Omer è riprendersi Defne, il piano di Defne è sopravvivere ma il rischio di morire di crepacuore riprendendosi Omer è troppo alto. Ma noi sappiamo che è solo questione di tempo.
Intanto Defne è costretta a lavorare anche per l’azienda di Omer, ma quando lui cerca di parlarle, di chiedere perdono, di riavvicinarla, di toccarla, lei si sottrae alla sua vicinanza e gli intima di chiamarla: Signora Defne. E io la amo, la amo moltissimo e avrei voluto dire io a te e non solo a te a una moltitudine di bestie incontrate, conosciute, sopportate: mi chiami signora, signora Defne, stia al suo posto, non la conosco, non mi interessa.
Non sei nessuno per me. Sì, sto parlando con te.
Defne è la mia nemesi. Non ho potuto farlo io, ma c’è Defne. Lo fa lei per me.
Ai detrattori del feuilleuton ho una cosa sola da dire; non mi interessate.
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