Ieri mattina sono andata a ritirare il referto di un prelievo, avevo le cuffie e l’aria sgargiante, anche gli occhiali da sole, al chiuso. Non volevo avere l’aria mesta probabilmente e mi sono vestita in modo troppo appariscente, per il luogo. Così dopo aver ritirato allo sportello il mio foglio, mi sono allontanata per leggere i risultati, uno in particolare, e devo aver detto qualcosa a fior di labbra. Alzando gli occhi ho visto che una ragazza mi stava guardando e che aveva seguito tutti i colori e i riflessi e la gamma di emozioni che era apparsa sul mio viso. Quando ho ripiegato il foglio le ho sorriso, mi ha sorriso. Ci siamo dette intere biblioteche, davvero. Le ho voluto bene, lei ne ha voluto a me. Gli occhi buoni ti restano dentro, lo sguardo benevolo resta addosso, esattamente come ferisce immensamente uno sguardo torvo. Potrei dire che il mio sguardo spesso non vede,  distratta da fili di pensieri mai interrotti oppure interrotti e ripresi, spesso non mi accorgo di cose importanti, ma deve essere stata la mia maniera di proteggermi dagli sguardi che feriscono, negarli ignorandoli. Almeno fino a un po’ di tempo fa era così, ora sono molto più attenta e concentrata. Perché  lo sguardo indica sempre la direzione, dove guardi vai e naturalmente vale anche per la testa e il cuore.

 

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